Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), definiti contaminanti perenni, sono presenti in molti alimenti comuni. Ecco la ricerca
Negli ultimi anni, il tema dei PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) ha guadagnato una crescente attenzione da parte di esperti e consumatori. Questi composti chimici, noti anche come “contaminanti perenni”, sono una vasta famiglia di sostanze chimiche utilizzate principalmente per rendere i materiali impermeabili, resistenti al calore e antiaderenti. Si trovano in una varietà di prodotti, tra cui pentole, imballaggi alimentari e additivi per pesticidi, rendendo la loro presenza nel nostro cibo e nelle bevande una preoccupazione reale.
L’Università di Stoccolma, grazie a un finanziamento dell’Unione Europea, ha creato un ampio database sui PFAS, che non solo ne catalogha le diverse tipologie ma fornisce anche informazioni sugli usi più comuni e le possibili alternative. È evidente che evitare completamente l’esposizione a questi composti sia virtualmente impossibile, ma ci sono modi per ridurne significativamente l’assunzione.
Il motivo principale per cui i PFAS sono così diffusi negli alimenti è legato alle loro proprietà chimiche. Questi composti conferiscono ai materiali caratteristiche desiderabili, come l’idrorepellenza e la resistenza alla corrosione, fattori che li rendono particolarmente utili nell’industria alimentare. Tuttavia, queste stesse proprietà rendono difficile sostituirli con alternative più sicure. Il database svedese offre una panoramica utile delle diverse applicazioni degli PFAS nel settore alimentare e delle possibili sostituzioni.
Un ambito in cui è possibile evitare i PFAS è quello delle pentole e delle attrezzature da cucina. Le pentole antiaderenti sono uno dei principali veicoli di esposizione a queste sostanze. Fortunatamente, esistono diverse alternative sicure, come:
Questi materiali non solo non contengono PFAS, ma sono anche più durevoli e facili da pulire, riducendo l’impatto ambientale. Nella preparazione industriale dei cibi, le attrezzature in acciaio inossidabile, silicone e ceramica possono sostituire efficacemente quelle trattate con PFAS, evitando l’esposizione a sostanze chimiche nocive.
Il packaging è un altro aspetto cruciale in cui i PFAS possono entrare in gioco. Gli alimenti confezionati, in particolare quelli pronti per il consumo, sono spesso soggetti a trattamenti con PFAS per garantire la resistenza all’umidità e all’olio. Tuttavia, esistono numerose alternative che possono ridurre o eliminare la necessità di utilizzare questi composti. Tra le opzioni più promettenti ci sono i biopolimeri, come il chitosano e l’amido, che possono sostituire le sostanze chimiche dannose.
È importante prestare attenzione alle etichette dei prodotti per identificare materiali privi di fluoro e scegliere imballaggi che siano ecocompatibili.
Per ridurre l’esposizione agli PFAS, è utile seguire alcune linee guida pratiche:
Adottando queste precauzioni, è possibile contribuire a un ambiente alimentare più sano e sicuro, limitando l’esposizione a composti chimici potenzialmente nocivi come gli PFAS e promuovendo al contempo un consumo consapevole e sostenibile.
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