
Licenziamento, se testimoni contro l'azienda in cui lavori è giusto? (www.maggiesfarm.it)
Se hai testimoniato contro un’azienda, che adesso vuole licenziarti, come puoi agire per difenderti? Scopriamolo.
Si tratta di una situazione molto specifica, che però può assolutamente capitare. Cosa succede se veniamo chiamati come testimoni in una causa di lavoro, magari per sostenere un o una collega che se la deve vedere direttamente con la stessa azienda per cui il testimone lavora?
Il quesito riguarda ciò che potrebbe fare il datore di lavoro, e quali conseguenze avrebbe il comportamento del o della dipendente. Insomma, ci si chiede se il dipendente può essere licenziato, se testimonia contro l’azienda; a rispondere, come spesso capita in moltissimi casi, ci ha pensato la Corte di Cassazione.
Ricordiamo, prima di soffermarci sul cuore dell’articolo, che tutto o quasi deve concludersi a favore dei diritti dei lavoratori: questi vanno sempre rispettati, quindi le azioni di uno o più datori di lavoro devono sempre tenere in considerazione ciò.
Dipendente testimonia contro l’azienda: può essere licenziato?
Secondo la Corte di Cassazione, se il licenziamento è volto solo a ‘puunire’ il dipendente-testimone, allora risulta essere radicalmente nullo, essendo basato su un motivo illecito di ritorsione. Il cosiddetto illecito ritorsivo può avvenire in caso venga fatta una testimonianza sfavorevole nei confronti dell’azienda. Il motivo che porta a renderlo nullo è legato a una decisione unilaterale che si basa solo su una ragione contraria alla legge o all’ordine pubblico, quindi non ha alcun valore né legislativo – quindi di validità – né di giusta causa. Testimoniare in un processo è un dovere civico e, se chiamati a prestare giuramento, scatta l’obbligo legale di dire la verità o si rischia di finire a commettere un reato.

Per ottenere l’invalidità del licenziamento, però, il lavoratore deve dimostrare che la volontà di vendetta del datore di lavoro è stata l’unica ragione che ha determinato questa decisione. Se c’è l’intenzione ritorsiva e al contempo motivi validi che giustifichino il licenziamento, la storia cambia. Si può rendere nullo il licenziamento anche provando che la ritorsione è stata la causa esclusiva e determinante. Ma come fare a dimostrare qualcosa del genere, senza le dichiarazioni del datore di lavoro? La vicinanza cronologica tra la testimonianza e il licenziamento, la mancanza di contestazioni prima di quell’evento, le ragioni di provvedimento considerate deboli e facilmente smontabili, eventuali minacce e pressioni sul lavoratore.
Se tutto questo viene verificato dalla legge, cosa succede? Il dipendente deve essere reintegrato immediatamente, e il datore di lavoro deve pagare un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale dal giorno del licenziamento fino a quello della reintegrazione. In più, deve versare anche i contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo, dal licenziamento alla reintegrazione. Per quanto permane il dipendente, può scegliere – entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza – se tornare al lavoro o ricevere un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale, risolvendo il rapporto professionale definitivamente.